SANT’ANTONIO DA PADOVA E GESÙ BAMBINO, PADRETERNO E ANGIOLETTI CON GHIRLANDE DI FIORI, APPARIZIONE DELLA MADONNA CON BAMBINO A SAN PIETRO D’ALCANTARA, SAN GIUSEPPE E ANGIOLETTO, ANNUNCIAZIONE, ULTIMA CENA

Ambito/Autore : Erasmo Antonio Obermüller e pittore trentino del XVII secolo (Monaco di Baviera, 1665 ca-Trento, 1710)

Periodo storico: 17° secolo
Anno: 1690-1700
Soggetto: Sant’Antonio da Padova e Gesù Bambino, Padreterno e angioletti con ghirlande di fiori, Apparizione della Madonna con Bambino a San Pietro d’Alcantara, San Giuseppe e angioletto, Annunciazione, Ultima cena
Luogo di conservazione: Trento, chiesa di San Bernardino
Materia e tecnica: olio su tela, cm 235 x 130; cm 248 x 146; cm 82 x 60 ca; cm 50 x 80; cm 50 x 80

Descrizione:

  • olio su tela, cm 235 x 130; cm 248 x 146; cm 82 x 60 ca; cm 50 x 80; cm 50 x 80

L’attività del pittore di origine monacense per i francescani è descritta da Bartoli in rapporto a “cinque quadri uniformi per la Chiesa con fatti d’alcuni Santi della religione”. Questa indicazione viene ripresa dal Tovazzi: “Inter has Imagines sunt quinque Pictoris Hibermiller Tridentini Discipuli Caroli Lotti, teste D.no Francisco Bartholo Bononiensi mihi an. 1780, die 23 Junii”. I quattro pezzi superstiti individuano in realtà la paternità di Giuseppe Alberti (catt. 151-154).

Lo storico francescano è più circostanziato nel restituire all’artista la pala di San Pietro d’Alcantara posta sull’altare a sinistra dell’arco santo e dipinta intorno al 1670. La cronologia indicata da quest’ultimo (forse influenzata dalla canonizzazione del santo l’anno prima e dall’allestimento di un dipinto provvisorio) è stata giustamente messa in discussione da Mich, risultando del tutto inadeguata sia alla cronistoria della chiesa di San Bernardino Nuovo, eretta a partire dal 1691, sia al profilo biografico dell’artista, nato nel 1667 (Longo 2010, p. 193) e giunto a Trento non molto prima del 1691, anno del suo matrimonio (Weber). Il legame indissolubile con la fabbrica barocca è evidenziato dall’aderenza della pala (e degli altri dipinti spettanti a Obermüller) alle ancone lignee intagliate. Questo indizio cronologico è coerente allo stemma in calce alla pala di San Pietro d’Alcantara, appartenente alla famiglia Gosetti che acquisì la nobiltà del Sacro Romano Impero nel 1691 e fu aggregata alla nobiltà vescovile nel 1695 (Tabarelli, Borreli 2004-2005, p. 151).

A questo punto sembra possibile dirimere definitivamente la contraddizione posta dalle notizie di Bartoli e Tovazzi, concludendo che i cinque dipinti di Erasmo Antonio siano quelli tutt’ora esposti in chiesa, sugli altari lignei di fine Seicento. Spettano infatti all’artista, oltre alla pala di San Pietro d’Alcantara, il relativo dipinto di cimasa raffigurante San Giuseppe e angioletto; l’ampliamento della più antica pala di Sant’Antonio da Padova, come è stato proposto da Elvio Mich (Padreterno e angioletti con ghirlande di fiori), nonché la relativa cimasa raffigurante l’Annunciazione; infine l’Ultima cena posta nell’edicola dell’altare della Madonna, nella prima cappella a sinistra. I dipinti nelle cimase, restaurati all’inizio di questo secolo, hanno infatti recuperato la leggibilità necessaria per avanzare con agevolezza l’attribuzione ad Obermüller. Le pale di San Pietro d’Alcantara e di Sant’Antonio da Padova vennero invece sottoposte a restauro già nel 1968-1970 (Carlo Andreani).

Particolarmente intensa ed ormai pregna dell’insegnamento del Loth è l’interpretazione di San Giuseppe, mentre nell’Annunciazione emergono distintamente i tratti del nostro artista formatosi negli anni 1679-1681 con pittori di ambiente tirolese e tedesco, in particolare con il pittore di corte Nikolaus Prugger (Longo 2010, p. 193).

Almeno un cenno alla pala di Sant’Antonio da Padova che rappresenta un modello iconografico intensamente replicato anche in Trentino e derivante dal dipinto trecentesco nella basilica del Santo, considerata quale “vera effigie” del santo di Lisbona (si veda da ultimo Pancheri 2014). A questa immagine di primo Seicento i Minori di San Bernardino erano fortemente legati, al punto da volerla reimpiegare, affidando ad Obermüller il compito di ampliarla e aggiornarla in chiave barocca (Mich).

La pala di San Pietro d’Alcantara esprime in modo chiaro i referenti culturali di Erasmo Antonio nell’ultimo decennio del secolo XVII. La serrata composizione, accentua efficacemente la prossimità del santo spagnolo alla Vergine in gloria, rimane tuttavia alquanto debole e poco incisiva nei passaggi chiaroscurali, in particolare se la si confronta con una delle prove più significative, l’Annunciazione, firmata, nella chiesa dell’Annunziata a Trento (si veda Mich).

All’ultimo decennio del Seicento, ovvero alla prima attività trentina del pittore di Monaco, va riferita l’inedita pala con Madonna e santi nella chiesa della Consolazione a Fiera di Primiero, agevolmente confrontabile con lo sfavillante dipinto dell’Annunziata.

Fonti: Tovazzi, Relatio Secunda, p, 55; Morizzo, II, p. 332; ACPFM, busta 275, Inventario 1963, p. 668, n. 22-23, 25, 30-31; SBC Dal Bosco 2001/ OA/ 00072235-236, 00072643, 00072648, 00072266.

Bibliografia: Bartoli 1780, p. 58; Molinari 1926, pp. 290-291; Emert 1939, p. 229; Weber 1977, p. 258; Pittura in Italia. Il Seicento, II, p. 831 (E. Mich); Stenico 1999, pp. 134, 600-601; Pancheri 2014, p. 145.