SANTA MARGHERITA DA CORTONA PENITENTE

Ambito/Autore : Ambito veronese

Periodo storico: 18° secolo
Anno: 1750-1800
Soggetto: Santa Margherita da Cortona penitente
Luogo di conservazione: Arco, Santuario delle Grazie, cappella delle confessioni
Materia e tecnica: olio su tela, cm 218 x 137

Descrizione:

Dopo il recente restauro (2012), la tela è stata posta nella cappella delle confessioni. Il brano rappresenta Santa Margherita da Cortona (1247-1297) dopo la conversione, quindi in una dimensione fortemente penitenziale che la avvicina in maniera significativa a Santa Maria Maddalena. I lunghi capelli discinti, cinta dal ruvido saio con cingolo di corda, la santa si appoggia al teschio posto al di sopra di una roccia, mentre solleva il flagello, mirando il cielo dal quale occhieggiano alcuni cherubini. Anteriormente al 1926 il dipinto fungeva da pala dell’altare sinistro, come documenta Angelo Molinari lamentando la recente sostituzione con “una pala di S. Antonio di mediocre valore”. In realtà la tela deve essere stata di lì a poco ricollocata sull’altare, come attesta una foto del 1964 (La Madonna delle Grazie, p. 48) e i dati catalografici del Servizio beni culturali (1981). Diversamente dall’altare marmoreo del 1753, proveniente dal convento di San Francesco a Riva del Garda, non è accertabile l’origine del dipinto, la cui foggia ovale venne adeguata alla luce rettangolare dell’ancona con l’aggiunta di porzioni di tela su tutti i lati.

La canonizzazione della santa nel 1728 rappresenta un verosimile terminus post quem, del tutto coerente con le coordinate stilistiche del dipinto che trovano indubbi contatti con la pittura veronese della seconda metà del Settecento. Un dato di indubbio interesse per l’approfondimento storico-critico dell’opera giunge da un dipinto gemello per formato e dimensioni (cm 220 x 136) conservato presso la chiesa di Santa Caterina dei frati Cappuccini a Rovereto (si veda Mich 2010, pp. 228-229, cat. 134). Non vi è dubbio che in origine le due tele dovessero essere allogate in pendant, poiché ritroviamo le stesse risultanze stilistiche e persino dettagli di ambientazione del tutto analoghi, pienamente evidenti nella trascolorante base rocciosa e nella corrusca definizione atmosferica del cielo. Anche in questo caso i supporti storico-documentari sono carenti e la prima menzione data solamente al 1934, senza poter dunque determinare a quale dei due ordini francescani appartenessero le due tele in origine.

Fonti: ACPFM, busta 275, Inventario 1962, p. 635, n. 18; SBC Giacomelli 1986/ OA/ 00051561; ACSMG, Inventario 2013, n. 46.

Bibliografia: Molinari 1926, pp. 287-288; La Madonna delle Grazie, p. 48; Stenico 2004b, p. 456; Retrosi 2007, p. 187.