SAN CARLO BORROMEO IN PREGHIERA; SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGIO IN ADORAZIONE DEL CROCIFISSO

Ambito/Autore : Martino Teofilo (Fiandre, ?-Bressanone, 1639)

Periodo storico: 17° secolo
Anno: 1615-1620 ca.
Soggetto: San Carlo Borromeo in preghiera; San Bonaventura da Bagnoregio in adorazione del Crocifisso
Luogo di conservazione: Trento, Fondazione Biblioteca San Bernardino
Materia e tecnica: olio su tela, cm 106 x 86,5; cm 94 x 74,8

Descrizione:

Marco Morizzo trae dalla Cronaca del convento di Trento questa descrizione dei quadri visibili nel coro della chiesa di San Bernardino, all’altezza dell’anno 1775: “il secondo ed il terzo [quadro] rappresentanti Gesù coronato di spine e Gesù flagellato; e il quarto e quinto che ci danno s. Bonaventura e s. Carlo Borromeo cardinali; Questi quattro sono del pennello di Martino Teofilo polacco e pittore nel castello di Trento nel 1620”. Come consueto, l’indicazione ripete l’inciso di Tovazzi che, rubricando le tele di Martino in coro, aggiunge questa nota in due tempi diversi: “Martino Theophilo qui fuit Polonus, et Pictor Castro Tridentino an. 1614 qui pinxit etiam quartam, et quintam”.

Cinque anni più tardi i dipinti sono registrati, nella stessa collocazione, da Francesco Bartoli. Da lì vennero spostati intorno al 1880 in occasione dei radicali interventi promossi all’interno della chiesa e affissi in refettorio, dove sono documentati da una fotografia anteriore al 1904 (Stenico). Nel 1906 compaiono tra i dipinti recentemente ricollocati nel presbiterio. Risale infine all’anno del loro restauro la collocazione negli ambienti della Biblioteca di San Bernardino.

La peculiarità più rilevante di queste tele è la loro interdipendenza formale, insolito pendant tra due santi di così diverso contesto: lo evidenzia sia il taglio a busto con i profili speculari, sia la stringente continuità delle notazioni di sfondo, ovvero l’apertura e il tavolo che quasi proseguono da un dipinto all’altro. Suscita un certo interesse l’accostamento di uno dei santi principali dell’ordine francescano al Borromeo, certo uno dei santi più onorati nel primo quarto del Seicento e al centro della committenza Madruzzo (significativa non solo la centralità del santo nell’Inviolata ma anche nella perduta cappella fatta erigere dal principe vescovo nella chiesa dei Conventuali a Trento nella quale proprio Martino aveva fornito l’immagine del santo).

Benché non figurino tra le opere più indagate del pittore accreditato presso i Madruzzo (Weber per svista le assegnava a Obermüller; Szymanski menziona solo San Carlo Borromeo), queste prove documentano bene la cultura dell’artista nordeuropeo a lungo ritenuto di origine polacca (si veda Sava 2013) e il momento al quale denotano di appartenere. L’indicazione cronologica riportata da Morizzo circa Martino Teofilo “pittore nel castello di Trento nel 1620” è evidentemente orientata dalla data apposta alla Flagellazione di Cristo; pur tuttavia è verosimile collocare questi due santi nel momento estremo della lunga tappa trentina del pittore, quando l’influenza lagunare di Palma il Giovane appare estremamente sedimentata ai fini di una scrittura pittorica disinvolta ma asciutta, priva delle finezze di gusto nordico insite nelle opere più antiche. In tal senso si appalesano le sensibili affinità di queste figure con il ritratto di Bernardo Clesio nel grande dipinto celebrativo presso il Museo Diocesano Tridentino, datato da Ezio Chini nel quinquennio 1515-1520 (I Madruzzo e l’Europa, p. 192, cat. 29).

Fonti: Tovazzi, Relatio Secunda, p. 56; Morizzo, III, p. 3; ACPFM, busta 275, Inventario 1963, p. 671, n. 75, 100; SBC Dal Bosco 2001/ OA/ 00072354-355; FBSB, P 8-9.

Bibliografia: Bartoli 1780, p. 58; Emert 1939, p. 223; Szymanski 1965, p. 254; Weber 1977, p. 258; Onorati 1982, p. 69; Stenico 1999, pp. 101, 210, 413, 572, 612.