MORTE DI SANT’ANNA

Ambito/Autore : Johann Michael Rottmayr (Laufen an der Salzach, 1656 - Mougins,1730)

Periodo storico: 18° secolo
Anno: 1601-1750
Soggetto: Morte di Sant’Anna
Luogo di conservazione: Trento, convento di San Bernardino, infermeria
Materia e tecnica: olio su tela, cm 125 x 84
Provenienza: Rovereto, convento di San Rocco, 2003

Descrizione:

Questo dipinto, di indubbio valore artistico, non è mai stato oggetto di un meditato approfondimento critico, né di interventi di restauro: presenta accentuata crettatura e numerosi sollevamenti della pellicola pittorica.

Don Rossaro sostiene che il dipinto fu asportato e messo al sicuro durante la Prima Guerra Mondiale. Gli inventari successivi lo registrano nel refettorio della chiesa di San Rocco; il trasferimento a Trento coincide con la dismissione del convento nel 2003. Nessun cenno ne illumina la vicenda anteriore.

L’unico commento è quello di Nicolò Rasmo che giustamente ritenne il dipinto degno di essere presentato all’esposizione del 1962; in quella sede fu presentato quale opera di ignoto del XVIII secolo. Lo studioso ne equivocò il soggetto, al pari di alcuni inventari, descrivendolo come Nascita di San Giovanni Battista, ma non vi è dubbio che sia qui narrata la più rara Morte di Sant’Anna, come assevera l’assieparsi delle figure piangenti e degli angeli con ceri accesi, oltre alla presenza di Maria con il piccolo Gesù benedicente.

Il dipinto palesa notevole maturità e coerenza espressiva. L’eloquio è teatrale e patetico nelle figure femminili affrante, brillante nel bellissimo angelo ceroforo sulla destra, dalle ali luminosissime, che volge lo sguardo verso lo spettatore della scena. Colpisce la tecnica pittorica disinvolta nella stesura del colore corposo ma fluente, le ampie pennellate ricche di effetti luministici e tuttavia attente alla resa plastica delle figure. Si impongono senza alcun margine di dubbio i tratti stilistici di Johann Michael Rottmayr, pittore salisburghese allievo a Venezia di Johann Carl Loth di cui elaborò gli insegnamenti con forte personalità, che figura tra i maggiori interpreti della pittura austriaca tra la fine del Seicento e il primo trentennio del secolo successivo. Nel dipinto francescano scorgiamo anzitutto una specifica intonazione sentimentale delle figure, la predilezione per gli scorci e una declinazione espressiva inquieta che è forse il carattere peculiare dell’artista. Ritroviamo le fisionomie atticciate e minute nei Dolenti all’interno della Resurrezione del 1691 nell’abbazia di Michaelbeuren (Groschen 1994, pp. 20-22) – alla quale rimandano anche gli angioletti raggruppati in volo – come pure nell’Immacolata Concezione del 1697 al Salzburger Museum Carolino Augusteum (Johann Michael Rottmayr, pp. 139-140, cat. 25: P. Keller). Il perdurare di questi modelli nel repertorio del salisburghese è dimostrato da un dipinto del 1712, la Deposizione dalla croce nell’abbazia benedettina di Kremsmunster, opera firmata e datata 1712 (Johann Michael Rottmayr, pp. 154-155, cat. 42: P. Prange). Appare invece estremamente indicativo, sul piano della condotta pittorica sciolta e materica, San Benno a Monaco, presso le Bayerische Staatsgemäldesammlungen (1702; ivi, pp. 126-127, cat. 13: P. Keller). Le eloquenti convergenze di stile, ravvisabili con diversi numeri di catalogo del pittore austriaco, possono ora indurci a ravvisare nella Morte di Sant’Anna la traccia ormai piuttosto evanescente della formazione presso Johann Carl Loth, più significativa nella tornita figura femminile dall’ampio scollo, in basso, e nel barbuto profilo di San Gioacchino. Per il resto si impongono quelle mosse e ‘settentrionali’ cadenze che il percorso del pittore salisburghese ostenta già nell’ultimo decennio del Seicento, con un progressivo schiarimento tonale nella fase più avanzata della carriera. Sembra conseguire, per l’inedito dipinto trentino, una collocazione di massima a cavallo dei due secoli.

Nonostante il totale vuoto di informazioni di carattere storico, è possibile affacciare un’ipotesi circa la provenienza della tela. La famiglia Ceschi di Santa Croce deteneva nel Settecento, a Borgo Valsugana, molte opere di Rottmayr, acquisite in seguito al matrimonio (1714) di Maria Theresia Rottmayr, figlia del pittore, con il barone Carlo Antonio Ceschi. Il prezioso inventario della quadreria di famiglia nell’avito palazzo a Borgo, stilato da Antonio Vincenzi il 4 dicembre 1778, enumera ben 31 tele del salisburghese. Queste opere sono state successivamente disperse ed è estremamente interessante osservare che il dipinto n. 283 della ricca collezione fosse “Il Transito di S. Anna. Orig.[inale] Rot.[tmayr]” (Carlini, Saltori 2005, p. 277). Pur mancando la prova certa della corrispondenza tra i due omonimi brani pittorici, va osservato che ad oggi non è noto alcun dipinto di Rottmayr con questo soggetto, senza contare che le dimensioni della tela francescana sono coerenti alla stima espressa da Vincenzi per dipinti dello stesso autore di media grandezza, a fronte di una diversa valutazione fatta per grandi tele quali pale d’altare. È pertanto molto probabile che l’opera sia pervenuta ai Minori a seguito di una donazione, circostanza che focalizza l’approdo di molte delle più insigni opere d’arte possedute dall’Ordine.

Ai rapporti di natura familiare intercorsi tra la famiglia Ceschi e il pittore si deve la presenza del Battesimo di Cristo nella Pieve di Borgo che le ricerche di Vittorio Fabris hanno dimostrato essere stato donato dal pittore stesso in occasione della nascita del nipote Johannes Michael Aloysius nel 1715 (Fabris 2005, pp. 141-142); a questo proposito ci si deve chiedere se la tela non sia stata allogata solo in un secondo momento in chiesa, nella cappella di San Matteo, essendo attestata ancora nel 1838 in sacrestia (Fabris 2005, p. 141). Se così fosse, ci sarebbero consistenti motivi per individuare questa tela ne “Il Battesimo di S. Gio. Ba.sta quadro grande. Orig. Rotmayr” descritto al n. 280 dell’inventario (Carlini, Saltori 2005, p. 277). È inoltre significativo che il Battesimo sia stato collocato dirimpetto al Martirio di San Bartolomeo di Johann Carl Loth, una tela analogamente integrata per poter essere inquadrata dalla sagomata cornice in stucco e della quale sfugge qualsivoglia menzione storico-documentaria. Sembra tutt’altro che peregrina l’ipotesi di una sua collocazione in chiesa contestualmente al brano di Rottmayr, soprattutto se si nota come nel più volte citato inventario del 1778 figuri, al n. 260, “Il Martirio di S. Bartolommeo di Carlo Lot. Orig.”, una delle opere di maggior valore della nobile quadreria. Si dovrebbe pertanto alla munificenza della famiglia Ceschi il dono del più ragguardevole dipinto barocco della Pieve (sull’opera si vedano Chini 2002b, p. 794; Fabris 2004, pp. 96-97).

Riportando la nostra attenzione sui dipinti di Rottmayr conservati in Trentino, è il caso di accennare ai disinvolti modelli raffiguranti Santa Maria Maddalena penitente (riconosciuta come opera di Rottmayr da Mich) e la Resurrezione di Cristo nelle collezioni del Museo Diocesano Tridentino. Queste tele, pervenute al Museo tramite il fondatore don Vincenzo Casagrande che sembra averle ricevute in dono (si veda Johann Michael Rottmayr, pp. 137, 145, catt. 23, 32: D. Cattoi), sono ancora a mio parere identificabili tra i dipinti della collezione Ceschi; precisamente ai numeri 291 e 293 dell’inventario, dove vengono significativamente qualificati come modelli, ricevendo in sede di stima lo stesso valore di 25 fiorini. Il fatto che le misure dei modelli siano le stesse suggerisce una comune, indissolubile origine, da saldare al passaggio dalla bottega del pittore alla raccolta dei Ceschi piuttosto che all’inventario del 1786 di Leopoldskron che cita solo “Heil: Magdalena Scizza Rothmayer” (Johann Michael Rottmayr, p. 145, cat. 32: D. Cattoi). L’ipotesi qui rapidamente abbozzata necessita naturalmente di ulteriori approfondimenti, tuttavia il caso posto dalla tela francescana (in merito alla quale non va escluso un passaggio intermedio presso il convento di Sant’Anna a Borgo, data la consuetudine della famiglia Ceschi con le clarisse), ha il pregio di aprire un interessante confronto sul destino di un così ragguardevole nucleo di opere del pittore salisburghese.

Fonti: ACPFM, busta 306, Inventario 1927, n. 26; busta 244, Inventario 1962, p. 665, n. 3; SBC Giacomelli 1985/ OA/ 00048073.

Bibliografia: Rossaro 1934, p. 41; Esposizione di pittura sacra, n. 18; Stenico 2004a, p. 318.