CRISTO NELL’ORTO DEGLI ULIVI CONSOLATO DA UN ANGELO, FLAGELLAZIONE DI CRISTO, INCORONAZIONE DI SPINE, CRISTO ASCIUGATO DALLA VERONICA, CRISTO CROCIFISSO, DEPOSIZIONE DALLA CROCE

Ambito/Autore : Giuseppe Alberti (Tesero, 1640-Cavalese, 1716); Domenico Bonora (Cavalese, 1685-1758)

Periodo storico: 18° secolo
Anno: ante 1716
Soggetto: Cristo nell’orto degli ulivi consolato da un angelo, Flagellazione di Cristo, Incoronazione di spine, Cristo asciugato dalla Veronica, Cristo crocifisso, Deposizione dalla croce
Luogo di conservazione: Cavalese, convento di San Vigilio, chiostro
Materia e tecnica: affresco, cm 203 x 129; cm 197 x 128; cm 191 x 128; cm 191 x 128; cm 189 x 124; cm 198 x 136

Descrizione:

Gli affreschi sono inquadrati da finte cornici nere e oro che li rendono somiglianti a grandi quadri ad olio appesi alla parete. I dipinti non versano in buone condizioni se già Morizzo lamentava improvvidi ritocchi (Andreatta) e questo aspetto non aiuta a dirimere la loro attribuzione che rimane, da un riquadro all’altro, piuttosto incerta e suscettibile a diversi pronunciamenti critici.

Giuseppe Riccabona sollevò per primo la questione asserendo che gli affreschi fossero opera di Giuseppe Alberti, fatta eccezione per l’Incoronazione di spine e la Crocifissione spettanti all’allievo Domenico Bonora. La discussione investe, come afferma Mich (1986), il difficile momento di passaggio dalla lezione del maestro alla personalità degli allievi, tra i migliori dei quali spiccano Martino Gabrielli e appunto il Bonora.

Nicolò Rasmo ed Elvio Mich esprimono la consapevolezza di una collaborazione tra maestro e allievo all’interno dei brani a fresco, mentre la bibliografia e gli inventari francescani (Molinari, Onorati, Andreatta) si schierano compatti e senza distinguo per un intervento univoco dell’allievo.

Dobbiamo dare ragione a Riccabona allorquando mise in rilievo la Crocifissione come espressione autonoma di Domenico: è qui pienamente in evidenza il suo stile franco, plastico, privo delle fumose piaggerie chiaroscurali dell’ultimo Alberti. Aspetto che emerge invece appieno nel quinto episodio, la Deposizione dalla croce, di spirito pienamente albertiano: possiamo giurare che Bonora non intinse neppure una volta il pennello nel colore per delineare queste figure oltremodo impastate.

Isolati questi contrapposti, gli altri dipinti manifestano, ora più (Incoronazione di spine), ora meno (Cristo asciugato dalla Veronica), l’intervento del giovane allievo entro schemi che rimangono fortemente legati al maestro e che nell’impianto monumentale rammentano, a tratti, gli affreschi della cappella del Crocifisso nella cattedrale tridentina.

Fonti: ACPFM, busta 304, Inventario 1927, n. 77-82; busta 244, Inventario 1960, p. 650, n. 32; SBC Menapace 1987/ OA/ 00054031-036.

Bibliografia: Riccabona 1806, p. 110; Molinari 1926, p. 302; Rasmo 1947, p. 93; Giuseppe Alberti pittore, p. 30; Onorati 1982, p. 71; Mich 1987, pp. 111-112; Andreatta 1990, pp. 179-180; La pittura in Italia. Il Seicento, II, p. 610 (E. Mich).