MONUMENTO FUNEBRE DI GIAMBATTISTA LODRON

Ambito/Autore : Alessandro Calegari (Brescia, post 1699-ante 1769)

Periodo storico: 18° secolo
Anno: 1721
Soggetto: Monumento funebre di Giambattista Lodron
Luogo di conservazione: Trento, chiesa di San Bernardino, coretto
Materia e tecnica: pietra grigia scolpita, cm 107 x 74

Descrizione:

Alla sua morte, occorsa il 25 dicembre 1700, Giambattista Lodron, canonico di Salisburgo e Trento, dispose di essere sepolto nella chiesa di San Bernardino in Trento (Morizzo). Solo ventuno anni dopo l’erede e nipote Carlo Ferdinando Lodron, canonico e preposito del Capitolo della Cattedrale di San Vigilio, fece erigere questo monumento in sua memoria. La collocazione originaria dell’opera scultorea, attestata da Morizzo “vicino all’altare di S. Caterina, immediatamente sopra il cancello”, è altresì comprovata da una foto storica anteriore al 1904 nella quale la si scorge in maniera distinta tra l’altare dedicato alla martire di Alessandria e il pulpito ligneo. Nel 1914 il monumento venne rimosso e recluso, assieme a gran parte delle memorie funebri, nei bui coretti della chiesa.

Spetta a Luciana Giacomelli aver colto l’interesse di questo altorilievo e soprattutto di aver compreso che il monogramma spetta allo scultore bresciano Alessandro Calegari. Questo artista, figlio del capostipite di una prestigiosa dinastia di statuari lombardi, intraprese il primo tratto del suo percorso artistico a Trento, proprio all’ombra di Carlo Ferdinando Lodron. Nello stesso 1721 il potente canonico gli commissionò due statue, raffiguranti San Vigilio e San Cassiano, per la chiesa di Sant’Apollinare a Trento. Oltre a queste opere, firmate e datate, Alessandro scolpì, ancora una volta per il Lodron, le figure in pietra di Santa Margherita d’Antiochia e San Vigilio già attestate dalle fonti sulla facciata della chiesa di Santa Margherita a Trento e successivamente pervenute alla chiesa di Santa Maria assunta a Mezzocorona (I Calegari, p. 206, cat. 107: G. Sava).

Carlo Ferdinando fu dunque il vero protettore dello scultore bresciano che poté verosimilmente giovarsi dell’influenza del prelato anche per il successivo trasferimento oltralpe.

In questo lavoro giovanile Calegari denota la formazione classicista appresa presso il padre Sante (del tutto tipici gli occhi privi di iride) e nonostante la ricchezza descrittiva (tipica di Alessandro) e una certa enfasi di circostanza, emerge il tratto molto controllato nella definizione delle masse attentamente modulate nell’alternanza di superfici lisce o rese vibranti grazie all’uso sapiente della gradina.Come ha giustamente osservato Giacomelli, la tipologia di monumento a medaglione, circondato da un semplificato serto d’alloro e completato da cartella con iscrizione, si adegua ad un più sontuoso precedente seicentesco, ovvero uno dei rilievi che il principe vescovo Francesco Alberti Poja fece porre nella cappella del Crocifisso in duomo.

Fonti: Morizzo, I, p. 369; ACPFM, busta 275, Inventario 1963, p. 667, n. 19; SBC Dal Bosco 2001/ OA/ 00072287.

Bibliografia: Giacomelli 1996-1998, pp. 117-126; Stenico 1999, pp. 576-577, 600; Scultura in Trentino, II, p. 93 (G. Sava); Bacchi, Giacomelli 2003, p. 217; I Calegari, p. 266, cat. 108 (L. Giacomelli).