SANTA CHIARA

Ambito/Autore : Domenico Bonora (Cavalese, 1685-1757)

Periodo storico: 18° secolo
Anno: 1710-1715 ca.
Soggetto: Santa Chiara
Luogo di conservazione: Arco, convento delle Grazie, refettorio piccolo
Materia e tecnica: olio su tela, cm 97 x 77,5

Descrizione:

Il dipinto, restaurato nel 2004 (Trento, Consorzio ARS), non gode di ragguagli che ne illuminino la vicenda e l’ingresso presso il convento francescano. L’immagine decisamente austera e autorevole propone la santa quale fondatrice dell’Ordine delle Clarisse – da qui il pastorale in piena evidenza – mentre l’ostensorio amorevolmente venerato e saldamente impugnato allude al pericolo turco respinto per mezzo dell’ostensione dell’eucarestia.

Di matrice seicentesca si rivela la tecnica pittorica per i passaggi chiaroscurali giocati sullo scarto tonale con la preparazione di fondo, tanto negli incarnati che nelle vesti monacali, mentre sugli oggetti di oreficeria abbondano corpose e suggestive lumeggiature. L’individuazione somatica della santa, ad esempio nelle orbite e nella soffusa piegatura delle labbra consente di accostare questa immagine, solo apparentemente rigida ma in realtà di notevole sensibilità pittorica, al profilo del fiemmese Domenico Bonora, nel tratto più antico e ancora poco noto del suo percorso, prima delle aperture alla pittura lagunare. Si tratterebbe, anzi, della prima opera ad oggi riferibile all’artista fiemmese, al di qua dell’Ultima Cena di Predazzo, del 1719 (Mich 1987, pp. 110-113; La pittura in Italia. Il Seicento, II, p. 633: E. Mich). Sono illuminanti le affinità di stile e di tecnica con la pala di San Francesco e Santa Elisabetta d’Ungheria (cat. 202). eseguita per i francescani di Cavalese, nella quale si impone alla nostra attenzione lo stesso ductus e strette analogie nel tipo somatico o nella definizione delle stereometriche mani (la destra indubbiamente compromessa sul piano conservativo). Nonostante la cifra decisamente personale rivelata da Bonora, si riesce a scorgere nella fondatrice del secondo Ordine francescano i residui della formazione presso Giuseppe Alberti e il sostrato seicentesco dell’arte di Domenico che risulta ripetutamente in rapporto con i Minori, realizzando più opere per il convento di Cavalese.

Fonti: ACPFM, busta 306, Inventario 1927, n. 28; SBC Floris 1986/ OA/ 00051556; busta 275, Inventario 1962, p. 635, n. 15; ACSMG, Inventario 2013, n. 10.

Bibliografia: Stenico 2004b, p. 456.