SAN FRANCESCO D’ASSISI, SAN PIETRO D’ALCANTARA E DUE CHERUBINI

Ambito/Autore : Ambito fiemmese (?)

Periodo storico: 18° secolo
Anno: 1750 ca
Soggetto: San Francesco d’Assisi, San Pietro d’Alcantara e due Cherubini
Luogo di conservazione: Trento, Fondazione Biblioteca San Bernardino
Materia e tecnica: olio su tela, cm 220 x 126
Provenienza: Rovereto, chiesa di San Rocco, 1901; Villazzano, convento-collegio, 1993

Descrizione:

Il quadro proviene dalla chiesa di San Rocco a Rovereto se, come pare del tutto probabile, è da identificare con quello di cui parla Morizzo nell’altare di san Francesco, sostituito nel 1901 dalla pala di Alcide Campestrini: “All’altare di s. Francesco fu tolta via l’ancona rappresentante s. Francesco che consegna la croce a s. Pietro d’Alcantara, opera di poco pregio artistico, e venne sostituita da una nuova rappresentante il s. Patriarca in contemplazione dinanzi al Crocifisso […] del distinto pittore Alcide Campestrini da Trento”. Nell’inventario del 1963 figura tra le opere d’arte del collegio a Villazzano, precisamente nell’atrio. In tale collocazione lo registra Eliseo Onorati; nel 1993 il dipinto è pervenuto alla Biblioteca di San Bernardino.

Nonostante gli strappi e alcune cadute di pellicola pittorica la leggibilità del dipinto è buona.

Il dipinto individua una solenne e asciutta composizione nella quale il santo titolare, inginocchiato sotto il peso della croce di tronchi, è in eloquio con San Francesco. La slanciata e lievemente ancheggiante figura del santo di Assisi asseconda la sobria ma efficace inquadratura architettonica di sfondo, oltre la quale è solo un cielo smaltato di azzurro, rotto dai nembi dorati e da due coppie di cherubini.

Il dipinto è debitore, per la figura di San Francesco, alla pala di Santa Elisabetta d’Ungheria nel convento dei francescani a Cavalese (cat. 202). Si tratta di un vero e proprio calco, probabilmente mediato dal successo del dipinto del fiemmese. La circolazione del modello nell’ambito della scuola di Fiemme è avvalorata anche dal gonfalone del rosario in Santa Maria Maddalena a Palù di Giovo, dipinto nel 1849 da Antonio Vanzo. Sul piano dello stile non si ravvisa peraltro alcuna vera concordanza con l’energico eloquio di Bonora e non vi è dubbio che il dipinto tridentino sia anche più tardo, intorno alla metà del secolo XVIII. Non mancano inoltre alcune affinità, nel patetismo dei volti, con i modi di Antonio Gresta (1671-1727), una delle voci più interessanti del panorama locale di primo Settecento(si veda in proposito La pittura in ItaliaIl Seicento, II, pp. 770-771: E. Mich), evocando a confronto la Sacra Famiglia e San Gaetano da Thiene in Santa Maria assunta ad Ala. Non vi è tuttavia dubbio che l’individuazione critica dell’opera, resa più complessa ma anche intrigante dalla discrasia tra fonte figurativa e tratto formale, sia tutt’altro che scontata.

Fonti: Morizzo, IV, p. 416; ACPFM, busta 275, Inventario 1963, p. 674, n. 2; SBC Dal Bosco 2001/ OA/ 00072362; FBSB, P 12.

Bibliografia: Onorati 1982, p. 182; Stenico 1999, p. 613.