SAN BONAVENTURA, SANTA MARGHERITA DA CORTONA E SAN BERNARDINO DA SIENA

Ambito/Autore : Luigi Sigurtà (Castiglione delle Stiviere, notizie 1743-1783)

Periodo storico: 18° secolo
Anno: 1764
Soggetto: San Bonaventura, Santa Margherita da Cortona e San Bernardino da Siena
Luogo di conservazione: Arco, Santuario delle Grazie, coro
Materia e tecnica: olio su tela, cm 247 x 150

Descrizione:

Il dipinto è stato restaurato nel 2004 (Trento, Consorzio ARS) e si profila come una delle opere francescane più significative del XVIII secolo nell’ambito della cultura veronese. Allo scoppio della I Guerra Mondiale la tela venne tradotta ad Innsbruck e conservata presso il Landhaus, facendo ritorno ad Arco alla fine del conflitto (Thieme-Becker).

A dispetto della chiara presenza di data e firma dell’artista, non disponiamo di alcun dato storico-documentario atto a chiarire la committenza del dipinto che, per il profilo centinato e le dimensioni, costituiva verosimilmente una pala d’altare. Nonostante la presenza di San Bonaventura, non ha nulla a che vedere con l’altare Franzosi Sartorio proveniente dalla chiesa conventuale di San Francesco a Riva, posto sul retro dell’altare maggiore. D’altra parte la presenza di Santa Margherita da Cortona e di San Bernardino enuclea un coerente nesso con la realtà dei Riformati.

Angelo Molinari ne rilevava giustamente la qualità, scrivendo: “è un bel gruppo armonico di belle figure ben disposte, nobilmente dipinte in una chiara e giusta modellazione, nell’espressione raccolta e divota del sentimento”. Anche l’inventario del 1927 lo eleva tra le opere considerevoli della chiesa francescana.

Luigi Sigurtà, pittore e incisore nativo di Castiglione delle Stiviere e di formazione veronese, è ancora una figura poco indagata ma di spessore artistico. Una delle sue opere più note è San Biagio risana un fanciullo nella chiesa di San Lorenzo a Brescia, dipinto eseguito intorno al 1763 ma dai connotati decisamente prossimi a Pietro Rotari. Il carattere nobilmente composto e la capacità compositiva evidenziati da Molinari sostanziano anche nella tela trentina una schietta convergenza su Verona e una personale rielaborazione dell’accademismo scaligero, particolarmente gradito in area benacense.

Fonti: ACPFM, busta 306, Inventario 1927, n. 38; busta 275, Inventario 1962, p. 636, n. 36; SBC Menapace 1986/ OA/ 00051560; ACSMG, Inventario 2013, n. 65.

Bibliografia: Molinari 1926, p. 288; Thieme-Becker, XXXI, 1937, p. 19; Enciclopedia bernardiniana, II, p. 78; III, p. 342; Stenico 2004b, p. 456; Retrosi 2007, p. 190.