CROCIFISSO

Ambito/Autore : Ambito dell’Italia settentrionale

Periodo storico: 15° secolo
Anno: 1475-1500
Soggetto: Crocifisso
Luogo di conservazione: Trento, Fondazione Biblioteca San Bernardino
Materia e tecnica: legno scolpito, dipinto, cm 133 x 133 (croce 202 x 148,5)

Descrizione:

Può sorprendere che sino ad oggi nemmeno una riga sia stata scritta su questa scultura che è uno dei pezzi più antichi del primigenio convento di San Bernardino assieme al polittico, ma anche al Cristo morto e alla Madonna del popolo romano, ugualmente inediti (catt. 20, 22). La scultura è stata recuperata in occasione del recente riordino degli ambienti del convento adibiti a deposito, nei quali giaceva in semiabbandono.

Il corpo di Cristo è fissato per mezzo di smisurati chiodi a lancia ad una robusta croce, a tutti gli effetti originale. Il capo è cinto da un’impressionante corona a treccia con lunghe spine applicate. Il volto è smunto, ossuto e tuttavia delicatissimo; connotato da zigomi alti, bocca carnosa, naso pronunciato e affilato, è reso ancor più spigoloso dalla barba biforcuta. Gli occhi socchiusi mostrano le iridi e nella bocca semiaperta si scorgono i denti. I capelli incorniciano il viso su entrambi i lati, ricadendo in lunghe ciocche corpose, sinteticamente definite.

La tensione cui è sottoposto l’asciutto torace e le gracili braccia pone in forte evidenza il costato al di sotto del quale la vita si assottiglia sensibilmente; i fianchi sono evidenziati dal perizoma aderente, a fitte gore, annodato sul lato sinistro.

Benché molto offuscata la scultura non sembra affatto ridipinta e presenta le originali colature di sangue che sgorgano dalla fronte e dalle estremità trapassate dai chiodi. In prossimità della congiunzione delle braccia al busto insistono brevi porzioni di incamotatura di lino. A parte qualche lacuna (evidente nella parte frontale della corona di spine) il tratto plastico è in generale rispettato ed eloquente nei suoi connotati rinascimentali, resi fra l’altro espliciti dal canone proporzionale quadrato: l’altezza di Cristo combacia perfettamente con la sua larghezza. All’interno di un contesto culturalmente dominato dalle opere di matrice oltralpina, il Crocifisso dei frati di San Bernardino reca l’impronta di orientamenti culturali nord italiani, seppur rielaborati in modo autonomo e diverso dall’intenso accento veneto delle sculture del polittico. L’impressione – e il termine è quanto mai reso obbligatorio dall’impervio ambito di studio – è che l’intagliatore avesse familiarità con modelli di secondo Quattrocento di area veneta e lombarda nei quali, peraltro, la componente “tedesca” gioca sovente un ruolo non marginale, come rivelano gli studi più recenti. A voler tracciare una serie di riferimenti di massima è utile osservare che la tipologia di perizoma annodato su un solo lato non è anteriore agli anni 1470-1480. Indicativo, almeno per quanto riguarda l’ambito veneto, il gruppo di crocifissi riuniti da Markham Schulz (2011, pp. 212-213, figg. 123-132) attorno all’esemplare di Concenedo di Barzio (Como) con i manufatti in San Geremia e Santissima Annunziata a Venezia, presso il Museo Civico di Treviso e in San Lorenzo a Padernello, nel trevigiano. Questi casi sono interessanti per enucleare alcune caratteristiche diffuse: oltre alla foggia del perizoma, la corporatura molto agile ma tornita, l’assottigliamento della vita, fra l’altro esperibile anche nel più tardo Crocifisso di Domenico da Tolmezzo a Coltura di Polcenigo (Mostra della scultura lignea, pp. 114-117, cat. 24). Tuttavia estremamente diversa è la misura formale del Crocifisso tridentino nella sua globalità e in particolare nella tempra espressiva del volto allungato che, come mi suggerisce Aldo Galli, pare in qualche modo echeggiare, nelle lunghe chiome disordinate, il più antico Crocifisso nel duomo di Vigevano (Casciaro 2000, p. 15). L’ipertrofia della corona di spine, che si presenta come una robusta treccia, è invece un dato che depone per un’influenza oltralpina insinuatasi grazie ai moltissimi intagliatori “teutonici” che percorsero la penisola, in particolare Venezia e la dorsale adriatica.

Se da un lato potrebbe avere un significato specifico l’appartenenza del convento alla Provincia Veneta dei Minori, il nesso non ci autorizza dunque ad invocare superficiali soluzioni di comodo. Nella scultura qui per la prima volta oggetto di studio si impone di fatto una certa acutizzazione o esasperazione formale che sembrerebbero acclimatarsi bene in un contesto di cerniera come Trento. In questo senso colpisce il modo in cui la cocca del perizoma, che ricade con un elegante drappeggio a serpentina, si innesta con aspra schematicità nel nodo. In definitiva sembrerebbero convivere stimoli diversi espressi da un intagliatore interessante ma non troppo raffinato che si muove trasversalmente in un’area di frontiera culturale. In attesa di un auspicabile restauro e di un confronto critico, è comunque necessario sospendere una definizione del caso troppo circoscritta.

È invece legittimo e accattivante interrogarsi sull’originaria ubicazione del Crocifisso che deve aver avuto una funzione non defilata all’interno della chiesa francescana quattrocentesca. Si può ipotizzare agevolmente una collocazione focale, in corrispondenza dell’arco santo o al centro degli affreschi con la Passione di Cristo che grazie alla testimonianza del Mariani sappiamo aver campito il tramezzo della chiesa, verso l’assemblea dei fedeli.

Fonti: FBSB CR 8.

Bibliografia: inedito.